Atti dei congressi nazionali

1998

Sessione 3 - dibattito 3
Prima domanda
Professione: infermiere professionale
Provenienza: Alessandria
Lavoro ad Alessandria da parecchi anni, quasi ventitré. Noi abbiamo una realtà di triage di Pronto Soccorso appena agli inizi. Mi ha colpito molto un aspetto che ha riportato la prima relatrice, il fatto che le valutazioni e l'esperienza siano tratte dall’Inghilterra e da Paesi stranieri. Abbiamo comunque qui in Italia un buon esempio di triage, come  in Emilia Romagna, dove non è indifferente il lavoro che è stato fatto. Poi volevo dire: perché basare la valutazione soprattutto sulle radiografie? Noi abbiamo un’esperienza di pazienti colpiti da malore che arrivano in Pronto Soccorso e apparentemente non presentano niente; qui deve entrare in gioco il famoso colpo d’occhio dell’infermiere di triage di Pronto Soccorso. Comunque sia, secondo me, giungere in Pronto Soccorso e l’infermiere ragionare già sulla questione delle radiografie non è congruente. Significa che intanto probabilmente il paziente è arrivato con un ambulanza, e a mio avviso è già stato fatto un triage sulla strada, perché mi sembra giusto. Quindi perché valutare soprattutto la questione del trauma?
 
Risponde A. Di Nuccio
Io ho  specificato inizialmente che l’analisi era su pazienti già visitati, l’aspetto importante delle radiografie non era nel senso da Lei considerato, ma nella possibilità da parte dell’infermiere che fa triage di poter richiedere egli stesso le radiografie, cosa che in Italia a differenza, non è possibile. L’importanza vista era dell’autonomia decisionale e quindi della partecipazione alla diagnosi, ma non come diagnosi fatta dall’infermiere, ma aiutava ad accelerare i tempi per far sì che la diagnosi fosse formulata  in tempi minori. E’ per questo che era importante come esempio, poter definire il ruolo dell’infermiere di triage come attivo collaboratore.
 
Seconda domanda
Nome e Cognome: Valeria Giaggio
Professione: infermiere professionale
Provenienza: Azienda Ospedaliera di Padova
Noi stiamo attuando il triage da circa un anno, e da circa sei mesi viene attuato tramite computer. Noi ora stiamo seguendo un lavoro: stiamo raccogliendo dati e speriamo prossimamente di portarli, ma abbiamo già visto che stiamo migliorando notevolmente i tempi di attesa e il rischio di morte improvvisa. Questo avviene “portando in area rossa”, come la chiamiamo noi, subito i codici rossi e gialli, con tempi notevolmente ridotti, da un quarto d’ora a mezz’ora per i soggetti particolarmente urgenti. Questo lo stiamo facendo grazie un corso che abbiamo fatto tutti di formazione obbligatoria, sul triage.
 
Interviene A. Di Nuccio
Prima di lavorare oppure in itinere è stato fatto il corso? E la scelta dei partecipanti è stata capillare? Nel qual caso quindi siete stati scelti.
 
Riprende Valeria Giaggio
Prima di lavorare a noi è stato imposto di seguirlo, quindi siamo stati scelti, sì. Il triage nostro è un triage di bancone, lo attuiamo in Pronto Soccorso, indipendentemente se il soggetto arriva in macchina (con mezzi propri)  o arriva in ambulanza. Volevo dire: il nostro limite attuale è la difficoltà che trova l’utente, quando arriva in Pronto Soccorso, perché si trova davanti non a un medico, ma  un infermiere, che gli chiede delle cose, in maniera specifica. L’utente non sempre vorrebbe dire le sue problematiche ad un infermiere, e vorrebbe un medico. Questo è il primo limite, il secondo è che l’utente si trova davanti un computer, e invece vorrebbe essere subito visitato. Questi sono i nostri primi dati ed esperienze.
 
Risponde A. Di Nuccio
Sono contenta di sentirLa, perché è una bellissima notizia sapere che anche in Italia si possa discutere di triage in base ad esperienze italiane. Condivido la Sua osservazione sul fatto che è difficile da parte del paziente accettare che possa essere un infermiere il primo che ti guardi e ti osservi, che possa assisterti in prima istanza. Rispetto allo studio, la mia specificazione iniziale era proprio questa, la differenziazione sta nel come i pazienti sono trattati in questi Paesi. Qui il triage è legalmente riconosciuto, dà comunque un identità diversa all’infermiere, l’infermiere è comunque valorizzato, e anche dal punto di vista legale è tutelato. Per questo dicevo che è un’esperienza da cui probabilmente si può partire, per raggiungere quell’autonomia di cui ieri parlavamo tanto e che è tanto agognata.
 

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13/03/2001