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Intraossea in emergenza: valutazione del consenso da parte degli infermieri

 

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Scenario - Numero 2, Anno 2012

Supplemento Scenario 2/2012 30th Aniarti National Congress Abstracts Of Congress Presentations

Di Aniarti

30th Aniarti National Congress Abstracts Of Congress Presentations

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Aniarti. "Supplemento Scenario 2/2012 30th Aniarti National Congress Abstracts Of Congress Presentations" Scenario 2 (2012): 1-69

Passato e futuro: sostenere il cambiamento

Di Maria Benetton

Nell'estate di 20 anni fa si svolse a Roma un fatto del tutto inconsueto per gli infermieri:una manifestazione pubblica
con tanto di marcia, slogan e discorsi pubblici indetta da Aniarti.
Era stata una sfida difficile, osteggiata anche dagli stessi infermieri e da alcune loro importanti organizzazioni e dai sindacati di allora: pochi erano ottimisti, la maggior parte pensava che sarebbe stato un fallimento. Nell'attesa che tutti pervenissero a
piazza Esedra, i turbamenti erano forti, ci si contava, ma pian piano
ecco … secondo i dati ufficiali c'erano 5.000 persone. Gli infermieri
apparivano finalmente nella società, fuori dagli ospedali, non
per rivendicare denaro o onori ma per richiedere l'approvazione di
una norma per divenire professionisti, quella che poi sarà (attesa di
altri 2 anni) il D.M. 739, il Profilo Professionale.
Come sempre accade, benché Aniarti avesse indetto, sostenuto e
arrischiato in proprio il possibile fallimento, il successo venne diviso tra molti padri. Ma questo non era importante, c'era un fine da
raggiungere. Ripercorro tutto questo non per amore della storia associativa, ma per ricordare quanto percorso è stato fatto per poter ora, serenamente, affrontare la discussione tra pari con tutte le altre famiglie professionali sulla proposta di accordo
Stato-Regioni per l'implementazione delle competenze infermieristiche.
Certamente positiva è la dimostrazione da parte del Ministero di
voler riconoscere competenze che, in realtà, sono già esperite da molti colleghi in varie aree, ma altrettanto utile è stata la richiesta di confronto e riflessione da parte della Federazione dei Collegi IPASVI per evitare che si ritornasse ad un “mansionario”, più aggiornato, moderno, ma sempre elenco di mansioni che incasella il professionista nell'azione e non nel processo, deprivandolo quindi della vera responsabilità professionale verso gli assistiti.
Che sia urgente un riassetto del Sistema Sanitario è ormai sotto gli
occhi di tutti, ma proprio questa impellente necessità di non veder
implodere il sistema, rischia di far riproporre metodi antiquati di
risposta. Non si afferma l'assistenza infermieristica aumentando le competenze richieste per far funzionare la Sanità, ma dando all'assistenza la completa responsabilità della presa in carico della persona nell'ospedale, a domicilio e nell'integrazione ospedale-territorio, anche con nuove o diverse competenze che siano però, sempre, finalizzate all'assistenza, e non a sgravio di altre figure professionali. Credo che nessuno sia così miope da non comprendere che:
1. il contenimento della spesa sanitaria,
2. la trasformazione degli ospedali
per intensità di cura e riservandoli all'acuzie,
3. la completa riformulazione dell'assistenza territoriale che non
può essere solo una breve risposta di prestazione a domicilio,
4. il rientro (a livelli europei) del numero dei medici chirurghi,
5. l'utilizzo concreto della formazione universitaria postbase per
non sprecare energie e risorse impegnate negli anni di studio,
incideranno fortemente in qualunque processo di revisione, e tutte le
professioni dovranno essere “attrezzate” per affrontare, soprattutto
culturalmente, questa evoluzione.
È contrario all'interesse pubblico che i professionisti della salute si ignorino e rivendichino autonomie stereotipate anziché interagire in modo continuato e collaborativo, riconoscendosi reciprocamente
nella pari dignità. Il rischio di sovrapposizione di competenze, duplicazioni onerose di prestazioni, mancanza di continuità assistenziale e di risposte univoche alla domanda di cure multidisciplinari, conflitti tra operatori e frammentazione delle responsabilità, mettono in pericolo la sicurezza degli assistiti, sono costose per il Sistema (e quindi per il contribuente), sono soprattutto un’offesa per tutti quegli operatori seri che amano il loro lavoro e cercano ogni giorno di valorizzare la loro professione.

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Maria Benetton. "Passato e futuro: sostenere il cambiamento" Scenario 2 (2012): 3-3

Prevalenza ed incidenza delle ulcere da pressione in terapia intensiva: risultati dalla letteratura dell’ultimo quinquennio

Di Stefano Bambi, Emanuele Bigazzi, Bakir Abeer,

Introduzione: i degenti in terapia intensiva (TI) sono particolarmente esposti al rischio di lesioni da pressione (LdP), a causa dell’estrema limitazione nell’attività fisica e della frequente mancanza di autosufficienza nella mobilizzazione nel letto. Altri fattori per il rischio di sviluppo di LdP sono l’ampio uso di farmaci sedativi e miorilassanti, alterazioni di metabolismo dovute a sepsi, trauma, ustione e chirurgia maggiore, e il ridotto apporto nutrizionale. Inoltre le TI offrono numerosi trattamenti e supporti alle funzioni vitali tecnologicamente avanzati che possono determinare
lesioni a carico dei tegumenti dovute tipicamente alla presenza di devices anche in sedi non tradizionalmente interessate dalle LdP.
Problema: verificare l’impatto del problema nelle TI attraverso una revisione della letteratura indicizzata su Medline dal 2005 ad oggi. La prevalenza delle LdP è estremamente variabile secondo fonti esaminate (1.44% -32.7%) così come l’incidenza, che si articola in un range tra 5.4% e 53.4%. I fattori di rischio emergenti dalle analisi di correlazione sono: basso punteggio delle scale di Braden e di Norton, età > 70 anni, diabete, lunghezza di degenza, ipotensione, malnutrizione, ipoalbuminemia, elevati valori di APACHE II, e i farmaci.
Discussione: le importanti differenze in termini di prevalenza ed incidenza delle LdP nelle TI sono probabilmente attribuibili alla grande varietà di case-mix dei malati, alle pratiche più o meno standardizzate di assistenza, alla presenza di protocolli aggiornati o meno, alle tipologie organizzative, agli skill degli operatori, ai fattori di rischio e alle terapie messe in atto nelle TI.
Conclusioni: ad oggi non è possibile, anche per i limiti metodologici che gli studi di prevalenza ed incidenza hanno, definitivamente tratteggiare un quadro globale ed esaustivo del problema, ed alla solida individuazione di reali fattori di rischio caratteristici del contesto delle TI, in aggiunta a quelli cosiddetti tradizionali.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Stefano Bambi, Emanuele Bigazzi, Bakir Abeer,. "Prevalenza ed incidenza delle ulcere da pressione in terapia intensiva: risultati dalla letteratura dell’ultimo quinquennio" Scenario 2 (2012): 4-11

Attitudini e percezioni del personale sanitario nell’utilizzo dei Diari di Terapia Intensiva

Di Massimo M. Greco, Lucia Portis, Maddalena Galizio

Introduzione: i Diari di Terapia Intensiva sono testi che documentano in maniera non-clinica ma narrativa il ricovero dei pazienti in Terapia Intensiva. La pratica è nata nei paesi Scandinavi e si è diffusa soprattutto nel nord Europa e coinvolge nella loro redazione, con varie modalità a seconda dei siti, operatori e familiari. In termini generali, il Diario viene poi consegnato al paziente, al fine di aiutarlo a ricomporre i frammenti dell’esperienza, in relazione ad una idea più completa di riabilitazione e di benessere, ma anche in relazione alla potenzialità del Diario di ridurre i livelli di Sindrome da Stress Post-traumatico.
Materiali e metodi: allo scopo di verificare l’attitudine del personale sanitario italiano a questa pratica, è stata progettata una ricerca di tipo qualitativo, realizzata tramite la metodologia dei Focus Group, in 5 Terapie intensive italiane.
Risultati: l’analisi dei dati raccolti ha fatto emergere un certo interesse e disponibilità da parte degli operatori rispetto a questa pratica. Essa è stata rappresentata, nella maggior parte dei casi, come pertinente rispetto ad una concezione umanizzata delle cure intensive, anche nei confronti di auspicabili percorsi di follow-up, e quindi utile nei confronti del benessere del paziente. Le criticità emerse riguardano la molteplicità di punti di vista diversi riguardo allo scrivere in maniera non-clinica: l’idea che la scrittura di sé determini un maggiore coinvolgimento personale e quindi una maggiore vulnerabilità degli operatori (sia nei confronti dei familiari che nei confronti degli altri colleghi); il sentire la necessità di uno
standard condiviso nella scrittura, sia per lo stile che per il contenuto; la necessità che una tale pratica sia integrata e congruente con il modello organizzativo della TI.
Conclusioni: nel progettare l’avvio della pratica dei diari in una Terapia intensiva è necessario considerare una pluralità di elementi che vanno dalla organizzazione, alle competenze del personale coinvolto fino alla qualità del clima organizzativo.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Massimo M. Greco, Lucia Portis, Maddalena Galizio. "Attitudini e percezioni del personale sanitario nell’utilizzo dei Diari di Terapia Intensiva" Scenario 2 (2012): 12-18

Catetere venoso centrale a breve termine e infezioni locali: ancoraggio chirurgico versus2-octil ciano acrilato

Di Nicola Poletti,

Introduzione: i Cateteri Venosi Centrali (CVC), forniscono un accesso indispensabile, ma purtroppo il loro uso determina per i pazienti, tra gli
altri, un rischio di complicanze infettive locali e sistemiche Catheter Related Blood Stream Infections (CRBSI). In Terapia Intensiva (TI), il rischio
è correlato alla gestione asettica del sito cutaneo e al tipo di fissaggio che determina la colonizzazione e la conseguente contaminazione del
catetere vascolare da parte di agenti patogeni esterni.
Obiettivo: definire una modalità di fissaggio cutanea del CVC, in modo da ridurre il rischio di infezioni locali e la conseguente colonizzazione.
Metodi: arruolati pazienti di età 18 anni, intubati, ricoverati in TI da almeno 24 ore, GCS ≥ 13, diagnosi di ingresso di insufficienza respiratoria acuta.
Risultati: differenza statisticamente significativa GI tra t3-t4 e t7 ed ai tempi t1,t2,t3,t4 e t7 con p<0,05 in entrambi i gruppi. Correlazione positiva tra la modificazione del grado di infezione locale e della temperatura (r=0,458; r?= 0,21).
Conclusioni: il sistema rallenta la comparsa di segni di infezione locali. Questo suggerisce la scelta di includere il metodo come sistema per ridurre l’insorgenza di infezioni del sito cutaneo.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Nicola Poletti,. "Catetere venoso centrale a breve termine e infezioni locali: ancoraggio chirurgico versus2-octil ciano acrilato" Scenario 2 (2012): 19-26

La cura dell’occhio in Terapia Intensiva: analisi della letteratura

Di Elisabetta Palma, Luisa Di Labio, Giancarlo Cicolini

Introduzione: la cura dell’occhio è una procedura semplice ma importante del nursing di base dei pazienti ricoverati in Terapia Intensiva (TI), se sottovalutata può determinare danni corneali anche gravi.
Scopo: valutazione delle modalità di cura dell’occhio utilizzate per evitare danni corneali in pazienti ricoverati in terapia intensiva.
Materiali e metodi: revisione della letteratura (Medline, Ovid, Cinahl, Cochrane) con il termine EYE CARE, ICU su studi con pazienti di ogni età
a partire dal 2002 al 2011.
Risultati: la ricerca, condotta su 2 revisioni sistematiche e 12 studi, evidenzia differenti modalità di cura dell’occhio. Conclusioni. L’incidenza dei disturbi oculari è ancora elevata e il problema della cura dell’occhio andrebbe approfondito.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Elisabetta Palma, Luisa Di Labio, Giancarlo Cicolini. "La cura dell’occhio in Terapia Intensiva: analisi della letteratura" Scenario 2 (2012): 27-31

Violenza e aggressioni in Pronto Soccorso: un approccio operativo

Di Nicola Ramacciati, Andrea Ceccagnoli

Riassunto
Introduzione: numerosi studi internazionali indicano che gli infermieri di Pronto Soccorso sono tra gli operatori sanitari i più esposti nel corso della loro attività lavorativa ad atti di violenza.
Scopo del presente studio è quello di inquadrare il problema e presentare l’approccio adottato presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale di Perugia.
Materiali e metodi: una breve revisione degli studi sull’argomento è stata usata per fornire solide basi alle scelte operative proposte.
Risultati: diversi metodi di gestione delle aggressioni sono riportati in letteratura.
Discussione: in accordo con quanto emerso dall’analisi della letteratura internazionale, l’approccio adottato nel nostro Pronto Soccorso è multilivello.
Conclusione: solo con politiche a 360° si può favorire un ambiente di lavoro sicuro per gli infermieri di Pronto Soccorso.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Nicola Ramacciati, Andrea Ceccagnoli. "Violenza e aggressioni in Pronto Soccorso: un approccio operativo" Scenario 2 (2012): 32-38

Gli errori di somministrazione farmacologica: una survey fra gli infermieri di emergenza

Di Pietro Buccoliero, Alberto Acqua, Matteo Storti

Introduzione: gli errori derivanti dall’errata somministrazione di farmaci hanno elevati costi economici, sociali e professionali, comportando da un lato un elevato dispendio di risorse umane e finanziarie, dall’altro la riduzione della fiducia delle persone nel sistema sanitario stesso. La terapia farmacologica è il campo in cui maggiormente si verificano errori, pertanto la loro percentuale è un’importante indicatore per la valutazione della qualità delle cure erogate. Gli errori di somministrazione dei farmaci avvengono molto più frequentemente nei reparti di area critica rispetto ad altri ambienti assistenziali.
Scopo: lo scopo della ricerca è di rilevare gli errori più frequentemente registrati durante la somministrazione di farmaci in area critica.
Materiali e metodi: è stato distribuito un questionario a 126 infermieri appartenenti a tre reparti di emergenza di due presidi ospedalieri di Modena. Il questionario compilato anonimamente, sviluppato a seguito di una precedente revisione della letteratura e, adattandolo all’esperienza degli autori, consisteva in 15 domande che esploravano la regola delle 7G. L’analisi statistica è avvenuta in un ufficio esterno mediante Microsoft® Office Excel 2007.
Risultati: 86 infermieri (68,25%) hanno compilato correttamente il test. Gli errori più frequentemente segnalati dal campione sono stati principalmente tre: somministrazione del farmaco ad un orario differente dalla prescrizione (68%), somministrazione di un farmaco ad un dosaggio errato rispetto alla prescrizione (64%), farmaco con un principio attivo diverso dalla prescrizione (47%). Gli infermieri attribuiscono tali errori alla distrazione, allo stress lavorativo, alla mancanza di personale ed alla scarsa comunicazione fra medico ed infermiere; questi risultati confermano quanto emerso da recenti pubblicazioni.
Conclusioni: questo studio dimostra che gli errori inerenti la somministrazione dei farmaci sono molto frequenti e le cause sono molteplici. È necessario promuovere programmi di formazione ed attivare percorsi di prevenzione che agiscano sul processo, in modo da creare le condizioni che rendano difficili gli sbagli commessi dal singolo operatore.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Pietro Buccoliero, Alberto Acqua, Matteo Storti. "Gli errori di somministrazione farmacologica: una survey fra gli infermieri di emergenza" Scenario 2 (2012): 39-43