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Intraossea in emergenza: valutazione del consenso da parte degli infermieri

 

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(Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature) in EBSCO HOST.

Un nuovo traguardo per la diffusione della cultura infermieristica.

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Scenario - Numero 3, Anno 2012

…E le stelle stanno a guardare. E gli infermieri?

Di Maria Benetton

Si presenta un autunno complicato: i tagli della Spending review (bel modo di imparare l'inglese!) del Governo come principali misure
per la sanità, prevedono la razionalizzazione della spesa per
acquisti di beni e servizi; il contenimento della spesa per il personale del Ssn che, almeno in alcune Regioni, è da anni in sofferenza; la riduzione dello standard di posti letto, che se da un lato permetterà di sanare situazioni ancora esistenti di creazione e spesso inutilizzazione di strutture sanitarie, dall'altro rischia di lasciare il cittadino malato a carico unicamente della famiglia (se ce
l'ha). Il reclutamento di docenti universitari infermieristici sarà fortemente critico con la rideterminazione dei settori concorsuali. Il confronto sulle nuove competenze attese per la professione
infermieristica è in cantiere e si profila travagliato, viste le molteplici posizioni emerse nei mesi scorsi. Crediamo che ogni difficoltà possa contenere anche delle potenzialità e quindi
dobbiamo giocarci bene le possibilità che abbiamo di influire sugli eventi. Alcune sono le priorità su cui dobbiamo impegnarci ed entrare con determinazione perchè determineranno la nostra vita professionale nei prossimi anni. La riduzione dei posti letto ospedalieri per alcuni non è una novità: chi di noi ha più anzianità, ricorda la chiusura di ospedali in toto, la riconversione a Residenze Sanitarie, l'accorpamento delle molteplici specialità mediche o chirurgiche che facevano le stesse cose. Ma ora non si tratta più (se non in alcune
Regioni), di togliere i duplicati, qui si tratta di ristrutturare completamente il Sistema.
Gli infermieri, soprattutto coloro che hanno un ruolo dirigenziale, hanno/devono proporre la loro visione di "riduzione di posti letto". Ci sono oramai esperienze italiane di applicazione di modelli organizzativi che hanno permesso di utilizzare meglio le risorse,
dando una risposta qualificata alla persona malata, che hanno valorizzato le competenze di tutte le professionalità coinvolte (organizzazione per intensità di cura, see&treat, perimed, assistenza
per complessità, ecc.). Non dobbiamo distogliere l'attenzione dalla persona e dalla sua famiglia: la riduzione di posti letto e dei tempi di degenza devono trovare una reale e veloce risposta nei servizi
territoriali che dovranno essere sostenuti, diffusi, a piena disponibilità nelle 24 ore, pena veramente l'abbandono delle persone con maggiore fragilità fisica, mentale, sociale, economica. Il contenimento della spesa del personale non è una novità di questa legge, il problema è che siamo alla riduzione sul ridotto. Dato che è ovvio che non possiamo fare tutto, oltre a fare quello che si è sempre fatto si dovrà aggiungere anche del nuovo. Sarà il caso di ripensare anche nel nostro panorama quotidiano, se tutto quanto facciamo è utile per il malato o se può essere rivisto, quando non eliminato. Credo che ciascuno di noi possa trovare nel suo ambito
di lavoro attività che se abbandonate non incidano sulla qualità delle cure o sull'assetto dell'organizzazione. Si dovrà far attenzione che il contenimento non sia solo sul personale di assistenza, (tecnico o della riabilitazione), non va dimenticato che le ricerche internazionali dimostrano chel la presenza di un maggior numero di infermieri corrisponde una riduzione significativa della
mortalità dei ricoverati. Evitiamo anche di cadere nel tranello
che il contenimento del personale sia poi una scusa per ampliare ulteriormente la libera professione intramoenia con la quale, solo per un minimo di coerenza, si dovrebbe finalmente chiudere. Il confronto sulle (nuove) competenze infermieristiche: nuove è tra parentesi perchè in realtà sono competenze che già gli infermieri agiscono, solo che non sono apertamente dichiarate. Anche qui, sempre chi ha una certa anzianità, legge l'ipocrisia del periodo mansionariale, in cui “si faceva ma non risultava”. Ma senza essere pregiudiziali, attendiamo ottimisti e fiduciosi che dall’iniziativa
monocratica del Ministero, esca un documento serio, che raccolga le istanze che la Federazione IPASVI ha sollecitato, e che soprattutto colga il cambiamento sociale; oramai non esisistono delle competenze definite una volta per sempre: i bisogni, la cultura, la tecnologia,
modificano sostanzialmente i contenuti di qualunque professione.
"...i confini rigidamente forzati tra professioni, e addirittura all'interno della stessa professione, possono causare conflitti e limitare la pratica. Non c'è il minimo dubbio che i ruoli di tutti i professionisti della salute, compresi quelli dei medici, dovranno essere più flessibili se vorranno essere più efficaci. (omissis)".
Lo dichiaravano a Ginevra nel 1996 gli esperti del OMS.
Il decreto con la rideterminazione dei settori concorsuali ha comportato l’accorpamento del settore Med 45 a quello di “Igiene generale e applicata e di statistica medica”. Non pensiamo che questo
non ci riguardi solo perchè ci è distante dalla quotidianità. A fronte di migliaia di studenti iscritti ai Corsi di Laurea in Infermieristica, abbiamo un numero minuscolo di Professori
Associati e Ricercatori. Non abbiamo cattedre di Infermieristica; con la Riforma Gelmini sono sparite le facoltà ed ancora molti corsi di laurea non sanno a quale dipartimento afferiranno. Gli studenti infermieri rappresentano il 48% degli iscritti ai Corsi di Laurea in
area sanitaria con relativo introito di tasse universitarie, ma sui 12.824 docenti delle Facoltà di Medicina, i docenti di ruolo del SSD Med/45 (Scienze infermieristiche) sono solo 33. Questo decreto potrebbe produrre criticità sul reclutamento universitario di
professori infermieri Associati ed Ordinari ed avrà un impatto negativo sulla formazione universitaria, con una valenza negativa anche in relazione alla formazione universitaria di altre nazioni
europee, americane, australiane, in cui la docenza infermieristica con facoltà proprie autonome è presente fin dall'inizio del 1900.
Speriamo che la promessa del Consiglio Universitario Nazionale di mantenere l'autonomia della disciplina infermieristica, con proposta di soluzioni alternative all’accorpamento dei Med per le professioni sanitarie, sia poi realizzata e non piegata a lobby che cercano ulteriori posizioni di potere. Infine, essere portatori di informazioni corrette per i cittadini. Troppo spesso lasciamo che altri (non infermieri) parlino per noi, ma anche come categoria
professionale dobbiamo sempre più essere informatori per la società.
Diciamolo chiaramente ai cittadini che l'ospedale vicino casa è un luogo a cui siamo affettuosamente legati, ma che dà una falsa sicurezza se non ha casistica di trattamento; che potrebbe essere
meglio un buon poliambulatorio, perchè le reali situazioni acute di urgenza che richiedono un trattamento ospedaliero sono poche. Tenere in piedi strutture inadeguate, talvolta fatiscenti, è uno spreco ed un pericolo. Dichiariamolo in ogni circostanza che nell'arco della malattia la diagnosi e il trattamento sono un breve tratto, molto
più lunga è la riabilitazione o la cronicità in cui serve un infermiere per una assistenza di qualità, o un fisioterapista,
o un logopedista. Non è solo il medico a garantire la salute!
Non c'è che dire, un autunno di discussione,proposte e di vigilanza.
Cogliamo le opportunità anche dove sembra non ce ne siano.

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Maria Benetton. "…E le stelle stanno a guardare. E gli infermieri?" Scenario 3 (2012): 3-4

“Back to basic”: ripartire dall’assistenza “di base” per migliorare gli esiti dei nostri assistiti

Di Stefano Bambi, Enrico Lumini

L’implementazione dell’evacuazione intestinale in terapia intensiva assume una bassa priorità rispetto al sostegno multiorgano offerto dal contesto di cura, e seppure la costipazione venga considerata una complicanza maggiore, il problema è ad oggi scarsamente oggetto di attenzione nella letteratura internazionale. Eppure l’incidenza costipazione varia tra il 5% e l’ 83%, e nonostante il 52% su 143 terapie intensive riconosca che questa rappresenta un problema, soltanto il 3,5% ha un protocollo di diagnosi e trattamento. Il ritardo nella canalizzazione si correla con esiti negativi quali l’aumento del numero di tentativi di weaning falliti, mentre l’evacuazione entro il 6° giorno di degenza si associa ad una riduzione del tempo passato in ventilazione meccanica e della lunghezza di degenza. Il tempo di canalizzazione del paziente sembra essere un fattore indipendente di mortalità del malato critico. Ad oggi gli studi pubblicati sull’implementazione di protocolli standardizzati per l’evacuazione intestinale sono molto scarsi. E le evidenze di efficacia altrettanto, dal momento che in alcuni lavori mancano del tutto i report dei risultati per l’impiego di tali protocolli, mentre laddove lo sono, non si rilevano percentuali di miglioramento statisticamente significative in termini di
riduzione del problema. I limiti degli studi, oltre alla mancanza di disegni sperimentali, risiedono talvolta nella scarsa numerosità dei campioni, e nei criteri di inclusione dei malati ai protocolli di trattamento. Ciò che di buono emerge invece dai lavori pubblicati, è la presa in carico del problema entro il 3° giorno di degenza accanto al miglioramento dell’adesione al sistema documentale dopo l’implementazione dei protocolli di gestione dell’alvo. Esiste quindi la necessità e l’urgenza di ricercare soluzioni mediante il confronto multidisciplinare nell’équipe di lavoro della terapia intensiva, la produzione di protocolli che tengano in considerazione anche l’ampia variabilità delle categorie di assistiti, e la condivisione dei risultati attraverso la letteratura, ma prima ancora, facendo
rete.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Stefano Bambi, Enrico Lumini. "“Back to basic”: ripartire dall’assistenza “di base” per migliorare gli esiti dei nostri assistiti" Scenario 3 (2012): 5-7

L’autovalutazione delle competenze cliniche infermieristiche in Area Critica

Di Roberta Colagrossi, Giulia Venturini, Giuseppe Esposito, Alessandro Sili, Rosaria Alvaro

Introduzione: l'autovalutazione delle competenze infermieristiche in area critica permette agli infermieri di identificare i deficit di conoscenza e di conseguenza i propri bisogni formativi con l’obiettivo di valorizzare e sviluppare le loro competenze per un miglioramento della pratica infermieristica.
Lo scopo di questo studio è di rilevare, come gli infermieri di area critica percepiscono il livello delle loro competenze cliniche attraverso un’autovalutazione delle stesse e identificare i fattori che influenzano queste percezioni.
Metodi: il disegno dello studio è di tipo osservazionale trasversale (cross sectional). Il campione di convenienza è costituito da 64 infermieri operanti nell’area critica di tre strutture ospedaliere romane. Le variabili sono state misurate utilizzando un questionario socio-demografico e la Nurse Competence Scale.
Risultati: gli infermieri percepiscono il loro livello di competenza generale come buono (VAS 71,5). I loro livelli di competenza clinica nelle diverse categorie variano da una VAS di 66,2 (assicurare qualità) ad una VAS di 78,8 (competenza di gestione delle situazioni). La Nurse Competence Scale utilizzata ha dimostrato un’ottima affidabilità statistica,? 0,978 inoltre anche la consistenza nelle singole categorie di competenza l’? varia da 0,809 a 0,934.
Discussione: nel complesso gli intervistati hanno valutato la loro competenza buona (VAS 71,5), superiore a quella dei risultati ottenuti nello studio compiuto sulla stessa popolazione in Finlandia (VAS 56). I dati ottenuti rilevano che esiste una relazione significativa tra il livello di competenza percepito ed alcune variabili quali l’età, l’anzianità di servizio e la frequenza di utilizzo della competenza nella pratica clinica. I risultati
ottenuti, comunque sono in linea con altri studi presenti in letteratura.
Conclusioni: l’utilizzo continuo nella pratica della Nurse Competence Scale migliora il processo di analisi dei bisogni formativi e facilita lo sviluppo delle competenze infermieristiche essenziali per il personale che opera negli ambienti intensivi e di emergenza.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Roberta Colagrossi, Giulia Venturini, Giuseppe Esposito, Alessandro Sili, Rosaria Alvaro. "L’autovalutazione delle competenze cliniche infermieristiche in Area Critica" Scenario 3 (2012): 8-14

Standardizzazione delle procedure di trasporto del paziente critico ricoverato in terapia intensiva: studio osservazionale su 68 trasporti intraospedalieri

Di Alberto Lucchini, Stefano Elli, Roberto Gariboldi, Pancrazio Tundo, Valentina Doni, Christian De Felippis, Petronilla Corsaro, Alice Bertin, Giacovelli Matteo, Simona Vimercati.

Scopo: valutare i benefici di un nuovo sistema per il trasporto del paziente critico. Il sistema è basato sull’utilizzo di una tavola radio compatibile abbinata ad un dispositivo per l’alloggiamento delle apparecchiature elettromedicali che viene agganciato alla tavola sopra le gambe del paziente.
Materiali e metodi: studio di tipo osservazionale su 50 pazienti ricoverati in Terapia Intensiva ventilati invasivamente, sottoposti a 68 trasporti intraospedalieri verso il dipartimento di radiodiagnostica.
Risultati: il rapporto medio pO2/FiO2 pre-trasporto è stato di 218.2 (±95.31), quello post trasporto di 220.8 (±103.5 – p 0.717). Non si sono verificate differenze significative pre/post trasporto per quanto riguarda i seguenti parametri vitali : HR (differenza pre/post p=0,345), sABP (p=0,696),mABP (p=0.631), SatO2a (p=0,241), RR (p=0,454), FiO2 (p=0,013), PEEP (p=0,754), PSV (p=0,005). Non si sono registrate complicanze relative alla dislocazione di presidi medicali (linee infusionali, drenaggi toracici, via aerea artificiale). L’instabilità emodinamica, identificata come il cambiamento di più del 10% del valore basale, si è verificata in 7 trasporti (9,4%). L’instabilità respiratoria, con incremento della FiO2 di più del
10% dal valore basale, sì è verificata in 3 trasporti (4%). Il tempo totale medio di trasporto dalla preparazione al ripristino è stato nei 68 trasporti di 100 minuti (DS ±44,81- Range 35-215 min.). Nel campione in studio 6 trasporti (8% ) hanno riguardato pazienti sottoposti a circolazione extracorporea.
Conclusioni: l’adozione di procedure standardizzate e l’utilizzo di un sistema di trasporto di tipo “plug and play”, permette di trasportare pazienti critici riducendo le complicanze potenzialmente indotte dalla movimentazione.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Alberto Lucchini, Stefano Elli, Roberto Gariboldi, Pancrazio Tundo, Valentina Doni, Christian De Felippis, Petronilla Corsaro, Alice Bertin, Giacovelli Matteo, Simona Vimercati.. "Standardizzazione delle procedure di trasporto del paziente critico ricoverato in terapia intensiva: studio osservazionale su 68 trasporti intraospedalieri" Scenario 3 (2012): 15-20

La Scala NAS (Nursing Activities Score) per la rilevazione del carico di lavoro infermieristico

Di Davide Lastrucci, Andrea Carraretto, Cristina Fastelli, Valentina Ferrucci, Antonio Leone, Alessio Paglialunga, Angela Sivestri

Introduzione: le prime pubblicazioni sull'argomento della rilevazione dei carichi di lavoro in terapia intensiva con l'utilizzo di scale ormai di ampia diffusione risale a oltre trentacinque anni fa.
La loro importanza è riproposta in numerosi studi che affermano come la rilevazione quotidiana dei carichi di lavoro possa determinare il fabbisogno assistenziale necessario in relazione al case-mix dei pazienti.
Obbiettivo primario di questo studio è valutare i carichi di lavoro infermieristici del reparto di Rianimazione Generale dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Senese attraverso scala validata NAS (Nursing Activities Score).
Materiali e metodi: da Aprile 2010 è stata introdotta nel reparto di Rianimazione Generale dell'Azienda Ospedaliera Universitaria Senese la scala NAS per rilevare il peso assistenziale di ogni paziente. L'osservazione è terminata il 31 Dicembre 2010 ma la scala è ancora in uso.
Risultati e Discussione: al termine dei 9 mesi di osservazione sono state eseguite 1730 rilevazioni per un totale di 197 pazienti; l’età media del campione è stata di 59 anni e la degenza media è risultata di 8 giorni. La rilevazione NAS ha fornito un punteggio indicizzato medio di 49,32 ± 16,01 DS.
Conclusioni: crediamo che la rilevazione dei carichi assistenziali dei pazienti sia importante e fondamentale per fornire un adeguata assistenza ed un quadro preciso in tutte le situazioni di cura.
In un modello strutturato secondo le norme dell’assistenza personalizzata crediamo possibile l’utilizzo della scala NAS per assegnare ad ogni infermiere un adeguata e congrua quantità di assistenza da erogare.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Davide Lastrucci, Andrea Carraretto, Cristina Fastelli, Valentina Ferrucci, Antonio Leone, Alessio Paglialunga, Angela Sivestri. "La Scala NAS (Nursing Activities Score) per la rilevazione del carico di lavoro infermieristico" Scenario 3 (2012): 21-25

Il ruolo chiave dell’infermiere territoriale nella assistenza alla persona con Ossigenoterapia a Lungo Termine (OTLT) a domicilio

Di Lucia Fontanella, Pietro Serena, Federico Munarin

Introduzione: l’aumento di persone con patologie respiratorie croniche che necessitano di OTLT ed i costi elevati che tale trattamento impone richiedono una oculata gestione delle risorse impiegate per migliorare efficienza ed efficacia della terapia. Questo studio ha lo scopo di registrare alcune problematiche di interesse infermieristico frequenti in questa tipologia di assistiti.
Materiali e metodi: indagine osservazionale trasversale su campione probabilistico riferito al periodo 20/8-30/9/ 2009. Su 70 soggetti con OTLT considerati, residenti nel territorio del Distretto 4 dell’ULSS 12 Veneziana, 46 hanno aderito all’indagine rispondendo ad un questionario o con intervista telefonica (5 soggetti).Nessuno di loro è seguito dall’infermiere territoriale per l’ossigenoterapia.
Risultati: il 67% dei soggetti considera difficoltoso trovare nel territorio supporto per i problemi respiratori. Tra le persone che utilizzano ossigeno meno di 15 ore al giorno il 61% non aderisce alla terapia oraria prescritta. Il 13% del campione dichiara di non aver ricevuto da nessuno informazioni sull’utilizzo dei dispositivi per OTLT. Non sono rispettate corrette norme igieniche nell’utilizzo dei presidi monouso (umidificatori, cannule nasali, maschere, ecc.) tuttavia viene attribuito un livello di gestione “sufficiente” al 39% dei soggetti. Si rileva una associazione positiva tra una modalità gestionale definita “insufficiente" e gli episodi infettivi bronchiali dichiarati.
Discussione: i dati indicano la necessità di promuovere corrette abitudini di igiene dei presidi, aderenza ed adattamento alla terapia ed invitano ad ulteriori indagini per quantificare l’associazione tra corretta gestione dei presidi per OTLT ed infezioni delle vie aeree, nel contesto domiciliare. La letteratura conferma che strategie educative mirate e specifici programmi di assistenza domiciliare permettono di ridurre mortalità ed episodi di riacutizzazione delle patologie croniche respiratorie.
Conclusioni: l’infermiere territoriale può giocare un ruolo chiave nella prevenzione terziaria assistendo questa tipologia di utenti nell’ambito di percorsi di continuità assistenziale con équipe multiprofessionali dedicate.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Lucia Fontanella, Pietro Serena, Federico Munarin. "Il ruolo chiave dell’infermiere territoriale nella assistenza alla persona con Ossigenoterapia a Lungo Termine (OTLT) a domicilio" Scenario 3 (2012): 26-32

La broncoaspirazione dei pazienti in terapia intensiva,dalle evidenze alla pratica.Uno studio osservazionale

Di Alessandro Lacanna, Roberto Pampalone

Introduzione: la standardizzazione dei processi di lavoro in sequenze ripetitive e controllabili ci permette di definire i tempi e le risorse necessarie per lo svolgimento delle attività, migliorando la performance e l’efficacia clinica dell’intera organizzazione. Minore è il livello di standardizzazione,meno è possibile programmare un’assistenza adeguata ai pazienti.
La broncoaspirazione tracheale è una procedura invasiva, disagevole e potenzialmente pericolosa, ampiamente utilizzata nelle ICU.
L’informazione di riferimento pone attenzione sia sugli strumenti sia sulle tecniche impiegate, i rischi e le complicanze associate a questa procedura (infezioni, atelettasie, sanguinamenti, ipossiemia, instabilità cardiovascolare).
Obiettivo: questo articolo indaga ed analizza la letteratura più recente sulla broncoaspirazione dei pazienti intubati, descrivendo la realtà di quattro ICU dell’ospedale AOUI di Verona relativamente all’aderenza del personale alle indicazioni basate sull’evidence based practice (EBP) della procedura.
Materiali e Metodi: studio osservazionale. Sono stati arruolati 98 infermieri delle 4 ICU (2 ICU specialistiche e 2 ICU generaliste); ciascuno di questi è stato osservato durante 4 settimane da parte di 2 osservatori. L’informazione raccolta è stata inserita in un database e sottoposta ad analisi statistica.
Risultati: sono state osservate e registrate 151 procedure di bronscoaspirazione durante le 4 settimane del periodo di osservazione. Sono stati analizzati: la modalità di monitoraggio, di accertamento, il sistema di aspirazione, le caratteristiche del paziente, la pre e post ossigenazione, la modalità di procedura, l'igiene delle mani del personale, l'uso di tecnica asettica.
Conclusioni: l’analisi dei dati raccolti ha rilevato un’alta variabilità tra il personale infermieristico delle 4 ICU ed all’interno di ciascuna di esse, relativamente a tutti gli elementi della broncoaspirazione tracheale. Un intervento per educare il personale ed uniformare la procedura sarebbe necessario. Un’aderenza maggiore del personale alle EBP potrebbe migliorare la qualità dell’assistenza, riducendo la morbidità e, forse, la mortalità
dei pazienti all’interno delle terapie intensive.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Alessandro Lacanna, Roberto Pampalone. "La broncoaspirazione dei pazienti in terapia intensiva,dalle evidenze alla pratica.Uno studio osservazionale" Scenario 3 (2012): 33-38

Leggere, applicare o progettare trial pragmatici ed esplicativi: breve guida per gli infermieri

Di Alvisa Palese, Grazia Bevilacqua, Illarj Achil, Giampiera Bulfone, Francesco Coiz, Irene Comisso, Stefano Fabris, Gloria Godeas, Michela Romanin, Sara Scarsini, Cristina Tommasini, Angelo Dante

In letteratura è documentato un ricco dibattito sui Randomized Controlled Trial (RCT) esplorativi e pragmatici, denominati anche efficacy trial ed effectiveness trial che informano rispettivamente sull’efficacia ideale (teorica) e reale di un intervento. I trial esplicativi rispetto a quelli pragmatici si differenziano nei domini della loro struttura, nelle scelte di progettazione e conduzione; tali diversità sono importanti anche per i clinici perché influenzano la trasferibilità e la generalizzabilità dei risultati. Per l’infermieristica, questi concetti sono relativamente recenti: per questo è importante che gli infermieri quando leggono un trial, trasferiscono nella pratica un risultato di un trial e/o progettano un trial, riflettano sulla sua natura pragmatica o esplicativa dello stesso. Una guida operativa è fornita in quest’articolo dallo strumento PRECIS che consente di misurare l’attitudine di un trial.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Alvisa Palese, Grazia Bevilacqua, Illarj Achil, Giampiera Bulfone, Francesco Coiz, Irene Comisso, Stefano Fabris, Gloria Godeas, Michela Romanin, Sara Scarsini, Cristina Tommasini, Angelo Dante. "Leggere, applicare o progettare trial pragmatici ed esplicativi: breve guida per gli infermieri" Scenario 3 (2012): 39-43