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Intraossea in emergenza: valutazione del consenso da parte degli infermieri

 

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(Cumulative Index to Nursing and Allied Health Literature) in EBSCO HOST.

Un nuovo traguardo per la diffusione della cultura infermieristica.

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Scenario - Numero 4, Anno 2012

L'organizzazione del lavoro e le differenze di genere

Di Maria Benetton

Gli uomini e le donne pensano diversamente, vivono diversamente
e, soprattutto, parlano lingue diverse, per cui comportamenti simili assumono per gli uni e per le altre significati opposti.
Ma allora comunicare è impossibile? Assolutamente no, anzi: capirsi può diventare persino un gioco nel momento in cui si è coscienti delle diversità fra uomo e donna.” (John Gray “Gli uomini vengono da
Marte e le donne da Venere”)
La sanità è sempre stata, nei secoli fino ad oggi, dicotomica: gli uomini (medici) che decidevano e stavano nelle posizioni apicali, le donne che lavoravano su altrui decisioni, in posizioni separate ed
inferiori. E questo valeva sia nel rapporto medico uomo-donna, ma anche nelle posizioni di infermieri-infermiere. Il merito non sempre paga, non è una questione di ruolo ma di genere. Una serie di contingenze potrebbe però rivedere questi assetti, non in modo
determinante, ma certamente non passeranno inosservati. Nel 2010 il 56% degli iscritti al corso di laurea in medicina e chirurgia è rappresentato da studentesse e gli abilitati alla professione
sono per il 63% donne. Nei corsi di laurea in infermieristica i
maschi iscritti attualmente rappresentano il 30%. Con l'invecchiamento della professione medica, il rinnovamento sarà forzatamente al femminile, ma l'altro cambiamento sarà che più infermieri (maschi)tenderanno a spostarsi in ruoli apicali
nell'area infermieristica, come tendenza di genere. Tra la professione infermieristica, il 23% che accede a master di 1°
livello e/o laurea magistrale è formato da infermieri uomini.
Questa prospettiva cambierà i rapporti e l'organizzazione del lavoro sia per gli uomini che per le donne: più uomini dovranno confrontarsi con un pensiero femminile che si caratterizza nel lavorare per obiettivi, con maggior attenzione agli aspetti di relazione e spazio all'intuizione,con modalità differenti di elaborazione e risposta alle informazioni che provengono dall'esterno. Il diverso metodo di lavoro delle donne, lo stile di leadership, la tendenza innata all'attenzione verso il prossimo e la cura, l'influenza maggiore che hanno le emozioni nella presa di decisione, non sono solo forme assunte da modelli culturali tradizionalmente trasmessi; gli esperimenti scientifici hanno dimostrato le diverse modalità di pensiero e come agiscono differentemente i due emisferi cerebrali nell'uomo o nella donna. Ma il modello di lavoro come può cambiare?
Innanzitutto nello stile del lavoro stesso, in corsia come nelle direzioni, nella diversa modalità di dialogo tra ruoli, nel ripensare anche all'organizzazione in termini di flessibilità, turnistica,
part-time, che sono sempre state viste come un onere dovuto all'alta femminilizzazione della professione infermieristica, ma che ora coinvolgerà maggiormente anche la professione medica (che non accetterà remissivamente gli stop alla carriera o la marginalizzazione di chi accede a questi diritti). Poter legare
il lavoro ufficiale con l'impegno familiare senza, o con minori penalizzazioni delle attuali, potrebbe essere qualcosa di più reale che un desiderio. Un'organizzazione che superi i rigidi schemi della logica, tipici della mente maschile, per confrontarsi con i molti
attori che concorrono allo stesso scopo, ovvero la cura e l'assistenza. Un'organizzazione in cui la struttura del welfare aziendale (pensiamo agli asili nido o ad altre forme per i bambini ma
anche a centri di assistenza per gli anziani genitori del personale sanitario che non potrà più accedere facilmente al pensionamento per poterli accudire) sia “normale” e non una concessione. La consapevolezza dei mutamenti radicali nella Sanità, con la femminilizzazione di aree apicali solitamente maschili contrapposta alla maschilizzazione di aree di cura tradizionalmente
femminili, potrà migliorare il dialogo e diminuire l'animosità tra le professioni? Inoltre, questi cambiamenti socio-antropologici,
potranno influire su una ancora più profonda attenzione da riservare
alla qualità del servizio sanitario nel suo complesso ed in particolare agli aspetti dell'assistenza, che è stata l'ambito più
negletto e solo recentemente si è data nuova dignità ai lavori di cura. Ne guadagnerà innanzitutto la qualità di vita delle persone. Ed
anche la soddisfazione degli infermieri che vedranno finalmente
valorizzata la loro funzione.

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Maria Benetton. "L'organizzazione del lavoro e le differenze di genere" Scenario 4 (2012): 3-3

31° Congresso Nazionale Aniarti Riva del Garda – 14-16 novembre 2012 Infermieri e qualità di vita in area critica. Competenza, tecnologia, procedure, efficienza, risorse, relazioni, politica, diritti, etica, utopia.

Di Aniarti

MOZIONE CONCLUSIVA (Presentata il, 16.11.2012)
L’Aniarti,
a conclusione del 31° Congresso Nazionale dal titolo
“ Infermieri e qualità di vita in area critica”, in cui sono stati presentati molti approfondimenti di infermieri, con il prezioso contributo di autorevoli personalità di varie discipline ed esperienze ed in cui si è sviluppato un ampio dibattito su molte problematiche inerenti la qualità di vita in area critica,
esprime la propria posizione, rispetto a questi temi, che ritiene di assoluta priorità sia per la professione infermieristica che per i cittadini ed iloro rappresentanti ai vari livelli.
Gli infermieri dell’Aniarti - Associazione nazionale infermieri
di area critica - propongono alcune considerazioni ed alcuni
impegni concreti.
OSSERVANO UN CONTESTO
nel quale, la comunità a cui apparteniamo ha superato da
tempo il livello della sopravvivenza e prosegue nella ricerca
della qualità in ogni ambito e contingenza.
La qualità viene perseguita in termini di sicurezza, servizi, efficienza, ambiente, relazioni.
IN AREA CRITICA
hanno luogo le applicazioni di teorie e tecniche innovative,
che, pur con finalità positive, di fatto manipolano la vita e la
morte dell’uomo. A queste applicazioni è sempre connesso il rischio dell’insuccesso e della sofferenza, ma aprono la possibilità ad una nuova qualità, questo rappresenta la sfida della ricerca e delle capacità dell’uomo, da cui può emergere un’umanità maggiormente
attenta alla propria essenza...
Per la prima volta nella storia, il passaggio da una morte solo
constatataalla morte dichiarata è stato riconosciuto legittimo.
Ciò ha significato che l’uomo si attribuisce la responsabilità del
controllo della vita stessa, superando la precedente indiscutibilità
dei processi naturali o di convincimenti religiosi consolidati.
Il processo della fine della vita è imprescindibile dalla qualità
perché le conseguenze dei trattamenti sanitari spesso conducono
a condizioni ulteriormente problematiche, per le quali
non abbiamo ancora risposte. Al diritto della dignità personale,
va coniugato il diritto della qualità possibile, nella fase conclusiva
di ogni vita.
IL CAMBIAMENTO
vede indispensabile, dopo l’esaltante epoca storica dell’estensione
universale del diritto, un’innovativa concezione del dovere, inteso non come sottomissione, ma come opportunità soggettiva di contribuire al bene comune.
È necessario utilizzare razionalmente le risorse, in una visione
non esclusivamente ragionieristica, ma al fine di perseguire
con equità la migliore qualità di vita praticabile nei contesti
avanzati come l’area critica. Ciò manifesterebbe in modo
inequivocabile un orientamento verso un’umanità fondata sulla relazione, l’interdipendenza, la solidarietà universalistica,
e dall’altra eviterebbe le ingiustificabili pretese di dover
garantire una malintesa libertà individuale assoluta, svincolata
dal dovere della partecipazione.
Parlare di qualità di vita, significa coniugare Ricerca, Tecnica e
Normalità della vita stessa, in contesti specialistici avanzati,
come l’area critica. La dimensione relazionale e collaborativa
richiede l’osmosi e la complementarietà delle esperienze umane,
che sono normalità ed eccezionalità in co-evoluzione. Sarà pertanto
l’insieme, pienamente consapevole, di persone normali e
di specialisti, a costruire l’umanità futura e già esigita.
GLI INFERMIERI
sono consapevoli di tutto ciò e pur riconoscendone la complessità
invitano a considerare che, garantire qualità di vita, significa
adottare un’idea progredita di salute e di vita non solo biologica.
Questo significa assunzione della responsabilità in tutte le scelte
operative, atte a realizzare una tale vita, finalizzata a livelli
sempre più elevati di UMANIZZAZIONE.
Da questa progettualità nessuno può esimersi, ciascuno dalla
propria posizione; sia nella semplice quotidianità, che nei
problematici contesti della complessità e della drammaticità.
Gli infermieri di area critica sono attivi in prima persona rispetto
a situazioni estreme, affrontano spesso problemi totalmente
nuovi, assistono persone che sopportano interventi con conseguenze
devastanti e che vivono il dramma della propria possibile
morte imminente o della più compromettente inabilità.
La piena consapevolezza del ruolo esercitato e di quello a cui
tendere in un contesto di tale pericolosa delicatezza, è irrinunciabile per la ricerca costante di riuscire a garantire una vita di qualità.
Gli infermieri, responsabili di assistere le persone,
sono interpreti attenti di che cosa significhi oggi, qualità della
vita in area critica;
evidenziano il forte ritardo culturale ed anche organizzativo tra esigenze espresse dalle persone e risposte oggettivamente fornite dai
servizi, risposte che potrebbero già oggi essere di migliore
qualità;
richiamano l’urgenza di colmare questo ritardo con scelte coraggiose,
ma che sarebbero semplicemente l’applicazione di ciò che
già è evidente: la necessità di una responsabile contaminazione
ed interdipendenza fra conoscenze, competenze, tecnica,
quotidianità, relazioni, partecipazione, condivisione.
Gli infermieri intendono impegnarsi in quanto cittadini e professionisti di questo Paese, per cambiare la realtà attuale con questi ideali ed in questa direzione di ottimistica utopia.

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Aniarti. "31° Congresso Nazionale Aniarti Riva del Garda – 14-16 novembre 2012 Infermieri e qualità di vita in area critica. Competenza, tecnologia, procedure, efficienza, risorse, relazioni, politica, diritti, etica, utopia." Scenario 4 (2012): 4-6

Le modificazioni dei parametri vitali e dell’ossigenazione pre e post cure igieniche nel paziente critico

Di Alberto Lucchini, Chiara Amoretti, Davide Bordoli, Daniela Paganini

Obiettivo: valutare le alterazioni dell’ossigenazione periferica, del consumo di ossigeno e dei parametri vitali a seguito delle cure igieniche del paziente, in diverse tipologie di pazienti ricoverati in terapia intensiva
Disegno: studio osservazionale prospettico su pazienti ricoverati in terapia intensiva, in tre diverse strutture di terapia intensiva sottoposti a cure igieniche.
Metodi: rilevazione dei parametri vitali e di emogasanalisi venosa ed arteriosa, cinque minuti prima ed entro cinque minuti dalla fine delle manovre di nursing.
Risultati: sono stati arruolati 37 pazienti con un’età media 66,54 (DS±11,55). Il rapporto pO2/FiO2 medio dei pazienti era pari a 246 (DS±37). Le cure igieniche sono durate mediamente 35 (DS±17) minuti. I seguenti parametri vitali non hanno subito modificazioni significative: Frequenza cardiaca, Pressione arteriosa, Temperatura vescicale, Saturazione periferica di ossigeno, frequenza respiratoria. Si è registrato un aumento della pressione parziale dell’ossigeno nel sangue arterioso (pre 92,76±21,07 – post 99,07±27,41 – p=0,02) mentre la saturazione venosa da catetere
venoso centrale non ha subito modificazioni. Il campione è stato poi suddiviso in base alla principale patologia di ricovero ed in base al supporto ventilatorio. Anche queste suddivisioni del campione non hanno evidenziato modificazioni significative dei parametri investigati.
Conclusioni: nella popolazione osservata non si sono avute modificazioni significative dei parametri vitali e dei dati emogasanalitici. L’intervallo di 35 minuti nell’analisi pre-post non permette di evidenziare problemi transitori che possono essersi sviluppati durante le cure igieniche come conseguenze di
interventi specifici. Per questo motivo è fondamentale mantenere il monitoraggio in essere durante tutte le fasi delle cure igieniche.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Alberto Lucchini, Chiara Amoretti, Davide Bordoli, Daniela Paganini. "Le modificazioni dei parametri vitali e dell’ossigenazione pre e post cure igieniche nel paziente critico" Scenario 4 (2012): 7-14

Indagine conoscitiva sulla gestione degli accessi venosi centrali basata sulle linee guida 2011 del Center for Disease Control in terapia intensiva pediatrica

Di Mario Madeo, Andrea Cislaghi, Marco Bottelli

Introduzione: il catetere venoso centrale è un presidio molto utilizzato all’interno delle terapie intensive pediatriche ed è soggetto a numerose manipolazioni giornaliere da parte degli infermieri, con rischi di infezione molto elevati. Le infezioni correlate da catetere aumentano la durata della degenza del paziente con aumento dei costi da parte dell’ospedale e pericolo di vita stessa dell’individuo. Al fne di ridurre le infezioni correlate
al CVC, il CDC (Center for Disease Control) di Atlanta, si occupa di stilare linee guida ed indicazioni riguardo una migliore e ottimale
gestione di questo presidio.
Materiali e metodi: l’indagine è stata condotta elaborando un questionario anonimo di trentotto domande chiuse somministrato agli infermieri di cinque terapie intensive pediatriche (TIP) lombarde.
Risultati: i questionari somministrati sono stati 83, restituiti 70 (partecipazione del 84,3%). In tutte le TIP sono ricoverati sia pazienti adulti che neonati con peso inferiore ai 4 Kg. Il 100% degli infermieri, prima di approcciarsi al CVC, esegue il lavaggio sociale delle mani o utilizza gel alla clorexidina. Il 100% delle Unità Operative possiede una procedura/protocollo di reparto riguardante la gestione degli accessi venosi centrali, nel 67,14% è stata revisionata da meno di un anno e il personale infermieristico ha partecipato alla stesura del protocollo stesso. Il 71,42% ha frequentato un corso di formazione sull’argomento, il 64,28% nel 2011. Nel 55,71% non esiste un programma di formazione per il personale neoassunto.
Nell’87,14% dei casi l’operatore indossa il camice sterile durante il posizionamento del presidio; nell’85,71% viene effettuato il campo
sterile allargato; il 34,28% utilizza la tecnica eco-guidata per il posizionamento del CVC; il 74,28% utilizza i punti di sutura come fssaggio del CVC. Il 52,14% degli infermieri effettua il cambio delle linee infusionali ogni 96 ore ed il 52,70% esegue il cambio della medicazione trasparente ogni 7 giorni.
Conclusioni: le principali novità introdotte dalle linee guida del CDC 2011 sono state recepite in tutte le TIP coinvolte nell’indagine, anche se alcuni punti hanno bisogno di miglioramenti; ad esempio sostituire i punti di sutura con fissaggio sutureless, formare il personale infermieristico neoassunto ed utilizzare maggiormente l’ecografa durante la manovra d’inserimento del catetere.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Mario Madeo, Andrea Cislaghi, Marco Bottelli. "Indagine conoscitiva sulla gestione degli accessi venosi centrali basata sulle linee guida 2011 del Center for Disease Control in terapia intensiva pediatrica" Scenario 4 (2012): 15-19

Prevenzione dell’estubazione non pianificata. Indagine sulla stabilizzazione del tubo oro-tracheale alla rima labiale

Di Fabio Colombo, Massimo Grauso

Introduzione: lo scopo di questo articolo è identificare le opinioni degli infermieri di Area Critica rispetto all’evento estubazione non pianificatain relazione al metodo di fissaggio da loro stessi applicato allo scopo di stabilizzare il tubo oro-tracheale alla rima labiale.
Metodi: i principali metodi utilizzati sono stati lo studio non sperimentale descrittivo e un’indagine su scala aziendale che ha coinvolto i dipartimenti di Emergenza-Urgenza dell’A.O. di Busto Arsizio, per un totale di 159 infermieri. Per la raccolta dati è stato utilizzato un questionario ad hoc, consegnato direttamente ai singoli infermieri.
Risultati: somministrati per un periodo di tre settimane, sono stati restituiti 112 moduli compilati, pari al 70,4% del campione selezionato. Il metodo più utilizzato per stabilizzare il tubo oro-tracheale alla rima labiale è stato il dispositivo Tube-Fix prodotto dalla Unomedical®. I principali fattori che si sono resi evidenti nella scelta del metodo sono: le peculiarità specifiche di ogni unità operativa, la disponibilità dei presidi forniti dalla farmacia e le caratteristiche individuali del malato. I fattori di rischio considerati maggiormente rilevanti nel causare l’estubazione non pianificata sono stati: l’inadeguato fissaggio del tubo, il basso livello di sedazione e analgesia e la convinzione radicata circa l’inadeguata contenzione fisica.
Discussioni: i dati ottenuti dimostrano che gli infermieri impiegati in Area Critica adottano differenti correnti di pensiero circa la tecnica applicata e circa il pensiero critico adottato nella scelta del fissaggio. In parte gli stessi infermieri presentano convinzioni non idonee a garantire la sicurezza dei malati intubati.
Conclusioni: i risultati di questo studio hanno messo in risalto la molteplicità di metodi attuati dagli infermieri, e delle convinzioni non sempre supportate dalla letteratura per prevenire l’estubazione. Questi possono essere utili per attuare futuri studi sperimentali e migliorare la pratica clinica quotidiana nelle diverse aree di degenza e contesti operativi.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Fabio Colombo, Massimo Grauso. "Prevenzione dell’estubazione non pianificata. Indagine sulla stabilizzazione del tubo oro-tracheale alla rima labiale" Scenario 4 (2012): 20-25

Le ostilità laterali tra studenti ed insegnanti di infermieristica: revisione di letteratura

Di Stefano Bambi, Giovanni Becattini, Enrico Lumini

Obiettivo: rilevare la presenza a livello internazionale del fenomeno delle violenze orizzontali subite dagli studenti infermieri durante il percorso di studio e tirocinio universitari, e verificare se esistono dinamiche analoghe anche tra il personale docente.
Metodo: revisione di letteratura mediante ricerca di articoli originali sui database Medline e Cinahl.
Risultati: su 576 record reperiti, sono stati inclusi 15 articoli originali. Il bullismo verso gli studenti infermieri è riportato in quote variabili da percentuali molto basse come lo 0,5% - 9% fino all’88%- 95,6%. Gli atteggiamenti di bullismo e ostilità laterali più frequenti sono: comportamenti inappropriati, ostili, cattivi”, “esser sminuiti da un infermiere di staff”, “essere ignorati/esclusi”. I perpetratori del bullismo sono frequentemente altri studenti, docenti d’aula e di tirocinio. La prima modalità di reazione agli abusi è sicuramente quella di parlane con amici o compagni di classe (66%-75%), mentre il 35% tende a sottacere al fatto, e non fare niente. Per quanto riguarda il mobbing orizzontale subito dagli infermieri insegnanti, sono solo 3 gli studi reperiti, tutti provenienti dalla Turchia. La forma di ostilità laterale più diffusa è: “il comportamento non verbale sminuente di fronte agli altri”. Tra le reazioni più importanti, è preoccupante il dato del 9% di insegnanti che in un certo momento ha contemplato il suicidio a causa di questo problema.
Discussione: il fenomeno delle violenze orizzontali risulta ben documentato nella popolazione degli studenti infermieri. Occorrono invece maggiori studi per indagare le violenze orizzontali subite dagli infermieri insegnanti. Non sono presenti dati provenienti dalla realtà italiana.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Stefano Bambi, Giovanni Becattini, Enrico Lumini. "Le ostilità laterali tra studenti ed insegnanti di infermieristica: revisione di letteratura" Scenario 4 (2012): 26-32

Approcci non-farmacologici per la prevenzione e la gestione del delirium nel paziente critico:revisione della letteratura

Di Mattia Boarin, Mauro Dossi, Carlo Leggieri

Introduzione: il delirium, definito come insufficienza cerebrale acuta e come stato confusionale acuto, ha un forte impatto ed un’alta incidenza nelle unità operative di terapia intensiva; è stato calcolato che l’87% dei pazienti ricoverati in terapia intensiva sviluppano delirium. Rappresenta dunque una condizione grave associata ad outcome negativi. Il trattamento del delirium si basa su due tipi di approcci combinati: quello farmacologico e quello non-farmacologico.
Obiettivo: indagare le strategie e gli approcci non-farmacologici per la prevenzione e gestione del delirium.
Materiali e metodi: revisione della letteratura sugli approcci non-farmacologici attraverso una ricerca all’interno delle banche dati PubMed e CINAHL; sono stati selezionati 28 articoli. La ricerca è stata poi effettuata nella letteratura grigia.
Risultati: il delirium è notevolmente sottodiagnosticato e sottogestito, anche perché spesso è considerato come una condizione normale e attesa del paziente critico. Il problema delirium non è considerato prioritario tra le condizioni che si possono verificare nel paziente critico e di conseguenza risulta poco valutato ed accertato. Le difficoltà sono collegate soprattutto all’interpretazione dei pazienti sedati ed intubati e alla documentazione dell’accertamento dei pazienti con delirium. Il riorientamento, gli interventi ambientali e il coinvolgimento dei familiari rappresentano i principali approcci non-farmacologici.
Conclusioni: l’infermiere ha un ruolo chiave nel riconoscimento e nella gestione dei pazienti con delirium, soprattutto per l’applicazione degli approcci non-farmacologici e multicomponente. La prevenzione rimane il cardine per il trattamento. È necessario implementare interventi educativi specifici per aumentare la conoscenza relativa al problema e creare strumenti validati, come protocolli strutturati e basati su prove di efficacia, per favorire l’integrazione dell’accertamento del delirium nella pratica clinica di routine.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Mattia Boarin, Mauro Dossi, Carlo Leggieri. "Approcci non-farmacologici per la prevenzione e la gestione del delirium nel paziente critico:revisione della letteratura" Scenario 4 (2012): 33-40

Analisi di affidabilità ed esplorazione fattoriale del questionario Clinical Learning Environment of Supervision (CLES)

Di Francesco Burrai, Danilo Cenerelli, Stefano Sebastiani, Ferdinando Arcoleo

Introduzione: nell’ambito della formazione infermieristica universitaria è importante la valutazione degli ambienti di tirocinio clinico, attraverso l’utilizzo di questionari validati.
Materiali e metodi: questionario utilizzato è stato il CLES validato a livello internazionale, con l’obiettivo di effettuare l’analisi di affidabilità e l’esplorazione della struttura fattoriale a livello italiano. È stato utilizzato un campione di convenienza di 59 studenti frequentanti il secondo anno del corso di laurea in infermieristica.
Risultati: l’α di Cronbach del CLES era di .957 . T2di Hotelling = 354,680 (F = 7.441, P = .000). Per la fattoriazzabilità di R, il determinante di R = 7.80 , KMO test con p = .855, e il test di Barlett un α2 = 1467,236 (p=0.000). Il miglior modello è quello delle componenti principali con rotazione Promax a cinque fattori che spiega il 50,473% della varianza.
Discussione: l’affidabilità del CLES è ottima, con criticità solo per l’item 15. Il modello a cinque fattori ha una buona consistenza interna, capacità di individuare cinque specifiche dimensioni, e di spiegare la varianza complessiva.
Conclusioni: questo modello di CLES ha bisogno di ulteriori studi con utilizzo di campioni di maggior dimensioni ed un campionamento su tutti gli studenti dei tre anni del corso di laurea.

(Articolo disponibile solo all'utente Socio)

Francesco Burrai, Danilo Cenerelli, Stefano Sebastiani, Ferdinando Arcoleo. "Analisi di affidabilità ed esplorazione fattoriale del questionario Clinical Learning Environment of Supervision (CLES)" Scenario 4 (2012): 41-47